Gabriel Sternberg è un giovane cantautore italo-tedesco, ma delle sue radici, nella musica, non traspare nulla. Quest`album infatti è un indolente e malinconica serenata, un`introspezione probabilmente sofferta, a giudicare dalla fatica con la quale la voce si apre.
Canzoni quasi interamente acustiche, dotate di una discreta struttura priva di contorni definiti, con il pianoforte e la chitarra come strumenti costantemente in primo piano, ed alcuni rumori, field recordings in sottofondo per accentuare la nebulosità nei toni e nello stato d`animo. Le melodie possono ricondurre facilmente ad altri allegroni quali Neil Halstead, Elliott Smith o il Proper Shepard degli ultimi anni, connotando una buona dimestichezza almeno nel seguirne i modelli.
Certamente non intende proporsi come disco per l`estate, ma resta comunque un po` difficile arrivare in fondo nell`ascolto, per la mancanza forse di un filtro che possa agevolare una maggiore interazione, un prendersi un po` meno sul serio e lasciare quello che manca proprio ad una mano tesa dell`ascoltatore. Credo sia proprio la voce, sempre sospirata e dimessa, a creare una certa pesantezza che alla lunga finisce per guastare anche le buone idee musicali, perchè nello scorrimento di questi quaranta minuti si trovano anche momenti che sanno abilmente insinuarsi, intermezzi strumentali sempre a bassissima fedeltà ma senz`altro più intimamente coinvolgenti, come i minuti iniziali di Soon e Please Don`t Leave Me, o Silent Day, brano interamente strumentale, un giro di accordi al pianoforte, elementare, incerto e genuino, che potrebbe essere un residuo della prima esperienza registrata, che prendeva appunto il nome di “Silent Days”, e della quale questo “Endless Night” si propone come naturale evoluzione, concepito e realizzato con la collaborazione di Cristian Alati, un nome ormai ricorrente nelle produzioni Canebagnato, così come la cura nella confezione che sa valorizzare degnamente ogni proposta.
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