Chi aveva apprezzato il bellissimo e delicatissimo “Sem”, pubblicato su Antiopic nel 2002, non può che restare deluso da questo “Coastal”. I principi attivi sembrano gli stessi - chitarra trattata, registrazioni d`ambiente, un po` di violino... - e il risultato si ripropone quale onirica colonna sonora per viaggi mentali nel cuore di sterminate distese desertiche: sole allo zenit, lunghi silenzi rotti soltanto dal leggero vorticare di un alito di vento, dal frusciare di un rettile, dal crepitare dei granelli di sabbia o dall`armonica di un cavaliere solitario, e notti dalle temperature polari; ma la rete stesa da Daniell lascia filtrare in questo caso qualche suono veramente grossolano. Ovvero, l`idea di base potrebbe essere interessante: mantenere intatta la struttura di “Sem” riempiendone i vuoti ed i silenzi günteriani con fasce ed esplosioni di suono più tangibili, ma è la realizzazione che a tratti pare zoppicare. In realtà il disco inizia sotto i migliori auspici, e sia Whelk sia Palmetto sono ottime costruzioni elettroacustiche, seppure la prima venga leggermente inficiata da un finale troppo gilmourfloydiano, mentre appare superbo il muro di suono che accompagna l`approdo finale dell`ottimo trip Palmetto. Banale e privo di idee stimolanti è invece l`esperimento minimal-ripetitivo di Sunfish, con suonacci (ancora pinkgilmouriani, o meglio John Fahey meet Ry Cooder meet David Gilmour... una miscela mortale!?!!) che speravamo non avrebbero mai affascinato il nostro Daniell. Glasswort replica, pur mostrando migliori soluzioni, le sonorità del brano precedente, la cui ripetitività è però diluita in un (quasi) affascinante volo lisergico, il cui finale replica l`idea del muro di suono già espressa in Palmetto, ma purtroppo nell`occasione lo fa in modo molto più dozzinale, con pennate di chitarra che giocano languidamente la carta dell`incantatore di `serpenti`. Se così dev`essere preferisco stare dalla parte del crotalo che, quando riesce ad eludere il fascino seducente dell`incantatore, piazza il suo morso immancabilmente fatale: poche seghe, `zac` e via.
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