Hipurforderai: un nome che non vuol dire nulla, che non rimanda a nulla, che sa un po' di mistero, che pare forse un verbo al futuro `tu hipurforderai, un giorno`. Fondamentalmente, il dubbio che ci prenda per il culo ci viene.
Confezione scarna al limite della spazzatura (ma dal colore dorato sul nero, in qualche modo elegante), fogliettino illustrativo a quadretti di 4x5 cm, CD-R di 30': inaugura una nuova anagrammatica serie della gloriosa genovese Marsiglia records, la Silagrima.
Un assalto di rumore bianco gratuito mi assale quando lo butto nel lettore, rumore che pian piano si modula e scompare, per lasciare spazio, nel secondo brano, a una non meglio identificata voce di zoccola (oibò, per un disco del genere queste son le parole da usare, non siamo mica su RAI Educational) che racconta di come si è portata a letto un tizio.
Seguono un litigio tra uno stronzo reazionario ed il suo meccanico, ansiogene urla in reverse, vocette robotiche, un malato che bofonchia infantili schifezze (non immaginereste mai da dove arriva la fonte!), il tutto rigorosamente in italiano.
Una cosa è certa: di solito, mentre recensisco un CD, lo riascolto. In questo caso, non mi è possibile. O scrivo, o ascolto. La componente vocale è talmente potente, a suo modo, da rendere impossibile l'ascolto distratto. Pare che l'idea che sottende a queste tracce, di certo non poetiche ma comunque non superficiali, è quella di sbatterci in faccia alcuni aspetti della realtà , della miseria umana, della cultura, di quello che ci capita intorno, fino al punto di farci immobilizzare davanti a qualunque cosa stessimo facendo prima di infilare il dischetto nello stereo, e farci pensare `ma in che razza di mondo del cazzo viviamo?`
Il bello è che non credo che Daniele Guasco, l'autore di questa peggior mezz'ora della nostra vita, sia del tutto consapevole dell'enorme curiosità che suscita nell'ascoltatore il suo dischetto, nè del potenziale destabilizzante di una 'musica' che non si può ignorare. Senza contare che il sottofondo sonoro è un insieme (ma non accozzaglia) di ritmiche sghembe, rantoli distorti e melodie elettroniche di una malinconia tale che al confronto gli Isan fanno allegria.
Strano 'sto disco, strano. Ad un passo dall'essere un'obiettiva puttanata, si rivela invece una di quelle cose che riportano l'attenzione verso l`alto, a tratti al prezzo di un'ansia pazzesca.
L'unico paragone che mi viene in mente è quello con colui che ha sugellato il termine musica industriale, ossia quel Monte Cazazza che pochi conoscono ma che nella sua lucida follia ha segnato il destino della musica deviata. Daniele Guasco mi pare ad occhio e croce ancora più ironico e forse ci crede un po' meno: meglio per lui, altrimenti potrebbe mettersi a collezionare foto di genitali affetti da malattie veneree, come il suo illustre predecessore. Invece credo sia `solo` un divoratore di film, mp3 trovati in rete, opere teatrali e qualunque altra cosa: tutto, nelle sue mani, finisce in un frullatore di samples e questo è ciò che ne esce. Con un po` di ossessività e ripetitività in meno la sua musica decollerà senza dubbio: intanto dategli un ascolto.
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