Prima di addentrarmi nei meandri boschivi, astratti e tormentosi di questa produzione, la prima per quanto ne so di Donato Epiro, vorrei puntualizzare che questo, almeno per quanto mi riguarda, è un capolavoro storico e che dischi come questi, in Italia, non li fa nessuno e che Donato Epiro è un genio, un vero e proprio genio che in soli 18 minuti è in grado di ribadire quella leggenda con cui un morto in pochi secondi rivede tutta la sua vita in un colpo d'occhio. Questo disco rivede tutta la musica più evoluta di questi anni, e lo fa con un distacco talmente elegante da diventare una partecipazione sentita e post-moderna (nella sua accezione più sana). Vorrei aggiungere che spero vivamente che questo lavoro finisca in pochi giorni e che venga ristampato altre dieci volte.
Detto questo, cosa non da poco, per me che non mi lascio muovere da facili complimenti, "After Dinner Black Out", è il frutto di un lavoro durato diversi mesi, centellinato e curato in ogni suo minimissimo dettaglio acustico, e che per la materia sonora che presenta, per la sua densità e per la quantità di 'segni' che ci sono dentro, con questi materiali, Donato avrebbe potuto ricavare anche un disco di 60 minuti: bastava ripetere i singoli gesti da gestalt profonda, ri-codificarli su diverse serie, e ripresentarli per un numero più svariato di volte (celesti). Del perchè questo non sia accaduto, ovvero del perchè i singoli suoni del lavoro non siano stati affidati alla 'ripetizione' è chiaro già dalle prime note: il lavoro, nella sua totalità , si presenta come un'opera dodecafonica, direi beriana, piuttosto che come un disco di elettroacustica semplice. Nell'insieme dei suoi elementi di drasticità questo lavoro spezza la continuità elettroacustica per inoltrarsi dentro una confusione perfettamente precisa e logica di un'opera del ventesimo secolo, e con operazioni semplici, parassitarie e pop, certamente non ci convive e non intende conviverci. Da qui il senso di organizzazione rapsodica e verticale, basata su molteplici angolazioni e punti di vista, l'intento espressivo e pollackiano dell'intera durata, la sua forza da REM e la sua alchimia violenta e parossistica. Secondo punto a favore del disco è la sua 'pasta sonora' mutevole e arzigogolata: impulsi che si spostano su capogiri, su cadute vorticose e vulcaniche in sottofondo, continuamente mutevoli, oblique e spinte sinfoniche sulla superficie che si spostano come stessimo in balia di una corrente metafisica, su una nave che va direttamente in naufragio e da qui il senso di sbandamento e di umanità che si respira dietro un lavoro così complicato ma anche così profondamente lirico ed emotivo. La terza forza del lavoro è la sua incurante seduzione con cui è composta: non solo i suoi movimenti ubriachi che si spostano tra un Terrestial Tones, un Throbbing Gristle che incontrano l'acusmatica in Luc Ferrari, ma pure un uso dell'aleatoria d'accompagnamento che si ripresenta in certe ascendenze alla Leslie Dabata e in un uso della percussione non dissimile da quello di Gordon Mumma, che fanno di questo lavoro quasi un'opera scritta, ri-eseguibile per largo ensamble e che ne danno un gusto contemporaneamente più autorevole perchè non basato soltanto sul semplice uso della forma ma anche di una forza che proviene direttamente dalla scrittura e dalla varietà di lunghezza altezza e dinamiche, che soltanto alcune opere profondamente aderenti al calcolo possono permettersi.
Non voglio, stavolta, attenermi alla traduzione emotiva di quest'opera, decifrarne per immagini la sua forza elementare e contemporaneamente complessa, perchè il livello della sua bellezza, lo straordinario carico pornografico, la sua vicinanza ad un Lionel Machetti se non avesse scelto d'imbrigliarsi dentro un certo uso minimale, ne fanno davvero un capolavoro che in particolare gli elettroacustici italiani dovrebbero prendere in considerazione per decidere se sia il caso di smettere per qualche anno gli strumenti e poi magari riprenderli quando si hanno delle idee chiare. Questo lavoro, io credo, che se sarà giustamente recensito e preso in considerazione, potrebbe, per una futura discografia delle trasformazioni della morfologia, divenire il punto più alto di come si fa ricerca, arte ed intelligenza nella musica, e rappresentare una bibbia a venire per i posteri: certa cosa è che Donato Epiro, con un solo disco all'attivo, sia subito sopra, molto più in alto della già ottima media di quello che abbiamo assistito finora e che già da questo momento possa competere con etichette quali Grob, Mego, Tzadik e via discorrendo. Comprate questo disco, vi farete un bel regalo.
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