Docili melodie amarognole quelle che Tom Brosseau ci porge.
Nulla di troppo impegnativo, fila via liscio e pulito, potrebbe essere un`inglese travestito da americano, potrebbe essere perfettamente il contrario.
In ordine sparso crocevia azzeccato fra paturnie malinconiche alla Nick Drake, accenni al classico Dylan, depressioni giovanili tendenti al Buckley (figlio), stile sul manico screziato di blues; semplice ed efficace.
Oddio, grattando la scorsa ne vien fuori pure una ruggine color Devendra (delle inflessioni vocali, l`andazzo strascicato di taluni passaggi...); ma non è poi tutto questo gran male.
Originario del North Dakota, Tom allinea una serie di chiaroscurali canzoni che sgambettano pigre in direzione del sole al tramonto.
Voce e chitarra, un colpo di batteria isolato, un`armonica, un`esile voce femminile ad ispessire una strofa, una questione di equilibrio sostanzialmente.
E talvolta il gioco riesce proprio bene.
L`iniziale Fragile Mind e la sua indolenza malinconica in libera uscita, Everybody Knows Empty House Are Lonely con melodia sussurrata che parte dal basso e si appiccica zuccherosa sulle dita, Hurt To Try Buckley fin all`eccesso ma semplicemente bella, e questo basta.
Il cuore perso sulla strada di Dark Garage con il sole che risplende alto nel cielo, The Broken Ukulele che bissa la sensazione precedente.
Storie di stanze, di alberi e polvere, un cane di nome Lucy e l`innocenza di una giornata che lascia spazio alle stelle notturne.
La finale Bars che si accende di un pizzico di elettricità e si consegna fra le braccia del silenzio (la custodia della chitarra chiusa abbandonata in un angolo in penombra...).
Una stanza, una finestra, in basso persone che vanno, persone che vengono, una fabbrica illuminata all`orizzonte, aprire la finestra, lasciare entrare l`aria fresca.
Le montagne mute che vigilano sullo sfondo.
Semplice; bello.
|