Il cut up electro-vocale in salsa Kraftwerk e la `via concreta` di un Pierre Henry in chiave moderna di Son of King, spargono da subito una nuova vita in casa Alog: seguita di pari passo da una trasparente brezza di contemporanea (attenta alla dodecafonia), `camuffata` casomai anche da spartani giri di acustica e crescendi percussivi, come succede nella successiva A Throne for the Common Man.
La musica è tramutata presso la ditta Espen Sommer Eide e Dag-Are Haugan, le escursioni di stampo elettro-sognante perdurano nel duo, ma attutiscono gli accenti (la corposità ) tralasciando il campo alla sperimentazione tout cour, sviscerata frequentemente con elaborazioni ed incastri semplici: adattamenti esoterici che si scorgono negli eloquenti canti a cappella (e adattamenti ambient di Write Your Thoughts in Water) o nei contrasti di velocità tra la radente e concreta Sleeping Instruments e lo scampanellio minimal-reichiano di The Beginner.
Arrivati a questo punto, si rimane a bocca asciutta anche delle debolezze degli Alog per estese costruzioni post rock e anche se non poche persone hanno constatato in “Amateur” la fragranza-essenza (al confine col) pop dei norvegesi (ho persino adocchiato per rete la definizione di electro-funk), continuo a percepire espressioni diverse e continui scampoli di musica colta in tutte le tracce del cd.
Conferma di ciò sono lo scontro di oggetti acustici con altri casuali nel predisporre sghembe melodie (The Learning Curve); loop, tastiere e sovra incisioni, ancora una volta vocali (Turn, Back Undo); ipnotici drones, a lieve alterazione, di stampo Deep Listening (A Book of Lightning). Di certo, come sempre, non manca l`estro personale del duo che si materializza al massimo in The Future of Norvegian Wood quando vengono registrati il suono di un chiodo, sbattuto a forza dentro una lastra di legno, e altri utensili di falegnameria in contrasto ad una malinconica coppia di piano e chitarra; di questa performance, tra l`altro, sono presenti alcune foto dettagliate sul sito degli Alog.
“Amateur” è un mosaico, ogni brano un tassello (mondo) a sé: gli Alog confermano l`anima poliedrica dirigendosi col passare degli anni dentro salde (e sane) convinzioni sperimentali; solo un grande gruppo riesce ad inserire, senza nessuna sbavatura, tanta profusione di `forme` in un unico cd. Prima della chiusura, meritano menzione speciale il duetto tra piano e oggetti metallici (ma anche vetrosi e difficilmente catalogabili) e il noise calcato a dovere da frequenze manipolate di Bedlam Emblem... fuggente attimo da catalogo fennesziano di una certa classe.
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