Questo di Ottobre è un mese importante per Fabio Orsi. Esce con due lavori: uno prodotto da Brad di Foxglove in 100 copie e l'altro insieme ai My Cat Is An Alien, su A silent Place. Entrambi questi materiali sono dedicati ad Alan Lomax, il cui "La terra del Blues" è un libro che consiglio calorosamente di leggere. Questi lavori testimoniano la grande spinta propulsiva che Fabio sta ottenendo soprattutto al di là della nostra penisoletta e un eventuale percorso alternativo dopo l'ottimo, e per questo piuttosto insuperabile, "Osci".
"South of me" è un unico brano che si regge su di un semplice loop di chitarra senza subire mutazioni. Un continuo cavalcare onde elettrostatiche fortemente iteriate da una spinta noise, tanto meditativa quanto staticizzante. E` una sequenza che trattiene con tutto lo sfondo terrestre della superficie e della massa interna un legame di forte cosmicità pulsionale: si regge praticamente su quasi nulla; eseguito di getto; composto con una vecchia tastiera Casio zeppa di fruscii ed un tessuto sottostante di matrice appena dronica che viaggia su territori subliminali quanto sublimi. Orsi col suo "Osci" qui mantiene quella carica poetica, il gusto del rallentamento, le medesime armonie traballanti, e quell'aria analogica che è più un ritorno al privitismo che una scelta tra digitale e non digitale. Il brano si apre e si chiude con dei campioni di Alan Lomax.
Spring no more and love come in the wind è stato composto nello stesso periodo di "South of me", in buona parte ne accoglie tutta la struttura e l'astrattezza formale, ma differentemente dalla suite su Foxglove non mantiene l'asciuttezza temporale ma si spinge su canoni più siderali ed in una prolissità che alla lunga potrebbe risultare formalistica. Come in tutta la produzione di Orsi, la trasformazione si dipana su slittamenti sequenziali, cambi di registro che avvengono per mezzo di blocchi che s'insinuano tra sfondi morse di riverberi e di organo o piano molto ipnotici. E` un suono figlio dei Seefeel senza elettronica beat, una primigenia che si sfigura su canoni approsimativamente urticanti, e su caselle che si spalancano per accogliere folate di vento, intarsi troppo-umani ed una profonda istanza lirica. La particolarità evolutiva di Orsi, sia qui, che in "I'm ep here" che in altri lavori in corso di pubblicazione, si mantiene con un forte recupero del frammento come momento di trascendenza: originariamente quest'appartenenza poteva apparentarlo a Basinski, e riscrivere il lavoro dell'Orsi sulle coordinate di un suono stagliato sul negativo, eppure l'evoluzione di questi due lavori, la loro profonda corposità e l'impatto immediato che ne deriva, e la spinta ritualistica di cui sono fatti, gli danno profondamente ragione nella costruzione di un suono di frontiera quanto al tempo stesso tradizionale. Si tratta di un'elettronica profondamente imparentata a quella di Ekkhard Ehlers. Molto interessante l'uso della ripetizione. Ci sarebbe d'aggiungere che, a mio parere, dopo un lavoro come "Osci" è molto difficile comporre qualcosa di così profondamente interessante, ma, giudicando la direzione intrapresa dall'Orsi, che in questi tre lavori citati spinge meno sulle varianti ma di più sulla carica di sfondamento del suono, si tratta di seguire una strada differente, forse solo più agnostica e noise, e meno lirica del suo primo lavoro. Si tratta comunque di un percorso coerente e personalistico, che avendo trovato nel suo autore un marchio autoriale, certamente continuerà a produrre ottimi risultati.
Il brano dei My Cat Is An Alien si apre con uno scricchilio dei tweeter che quasi esplodono su cui si estendono dei loop di piatti e droniche mescolanze di armoniche, elementi gassosi e debordamenti di sapore minimal-marziale. Intorno all'ottavo minuto il brano prende pericolose tendenze ipnotiche, a metà strada tra il lisergico, il catatonico e l'ascetico: forti sono le vicinanze con Taurpius Tula, Oxblood Reincarnations, Heidika, Clay Figure... un suono sgomento, free-form oltre le maniere del perbenismo usual-tipico, noise come fosse registrato dentro un mattatoio, chiesastico come se l'avesse colpito il rantolo di Haino in pieno delirio mantrico. E` certamente un'importante testimonianza di quello che sta avvenendo in giro nell'underground statunitense e non, anche una forte anticipazione (i My Cat hanno dieci anni di discografia, anni in cui hanno anticipato molte cose che sembrano attuali adesso) ma la cosa che non convince è la registrazione, troppo sfasata, troppo interdetta da scariche di rumori indistinti. Anche questa, sempre sull'orma di una coerenza entusiasmante, è il frutto di una volontà dei My Cat che decidono di non sovraincidere i materiali, e tagliare solo talune parti da lunghe improvvisazioni per poi collocarle nello spazio sonoro senza adattamenti di sorta e spezzettamenti. E` un'estetica interessante, figlia dell'analogia anche qui, ma che, considerando l'altissimo numero di produzioni del gruppo torinese, e considerandone soprattutto alcuni dischi preziosissimi, non è, in questo caso, all'apoteosi. E` tuttavia un disco molto oscuro: rappresenta due lati della stessa medaglia: uno ipnotico-trascendentale, e l'altro violento-realista, ma la base spirituale ed ipnotica, incompromissoria e densa, è materia che i due, sia l'Orsi che i My Cat Is An Alien, sviluppano con forza espressiva e tagliente che ha dell'indelebile: cosa rara per uno split al giorno d'oggi.
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