Di questo musicista s`è già recensito qualche lavoro, e quindi il lettore che ci segue con costanza e attenzione ha già le coordinate base e così evitiamo di ripeterle. «Ma c`è anche il lettore che non segue con costanza?», obietteranno alcuni. Freghiamocene, una volta tanto. Come spiega il titolo siamo al cospetto di un`opera estremamente concettuale - `disco music` suonata in modo molto rallentato - e pure godibilissima dalla prima all`ultima battuta. La registrazione è in presa diretta durante due concerti: a Maastricht il 12 Ottobre del 2006 (Night, Survive e Stay) ed a New York il 5 Novembre del 2006 (Stay, Survive e Wood); e le formazioni dei due concerti non sono le stesse, con i flauti della La Berge ed il basso di Verhelst che fanno da contraltare alla lap steel del leader nel primo mentre le ance di Parran ed il trombone di Zummo (uno strumentista incredibile) svolgono lo stesso ruolo nel secondo. La musica, almeno all`inizio, sembrerebbe suonata dai dirimpettai dei Sinistri, se non che poi si distende e fluttua come un effluvio prodotto da dita che paiono `tecnicamente` molto più dotate di quelle dei bolognesi. E ci credo, visto che i tipi dietro gli strumenti sono tutti elementi sfornati dal conservatorio e passati indenni sia nei (corto)circuiti del free-jazz sia in quelli della contemporanea più imbastardita. Guy De Bièvre, da parte sua, è un compositore molto meticoloso e quando si concentra intorno ad una tematica è solito osservarla da tutte le angolazioni e sviscerarla in tutti i suoi aspetti, era stato così per il suono di Manhattan messo a nudo nel disco eponimo ed era stato così per il blues vagliato minutamente in “Bending The Tonic”. Del secondo viene anche ripresa l`idea della composizione eseguita da due formazioni strumentali diverse, solo che mentre in quell`occasione veniva riproposta nella sua interezza in entrambe le esecuzioni, in questo caso viene effettuato un montaggio e parte della prima esecuzione si somma a parte della seconda a formare un unico intreccio. Ed è proprio in Stay, dove i due concerti tenutisi in tempi diversi ed a grande distanza l`uno dall`altro vanno mirabilmente ad incastrarsi ed a fondersi, che sta un po` la chiave di volta di tutto il disco, perchè è lì che appare tutta la meticolosità riservata alla fase compositiva, a quella esecutiva ed, infine, anche a quella post-produttiva. Peccato che Guy De Bièvre rimanga esageratamente asserragliato nel suo bozzolo da crisalide, chè se infine decidesse di spiccare il volo potrebbe raccogliere una dose ben maggiore di quel nettare che, in fondo, a livello di meriti e di capacità artistiche gli appartine. Così stando le cose, è un po` difficile che siano in molti quelli che si affrettano verso il sito della Canal Street Records per recuperare il disco. Peccato.
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