Fatto: l`impresa discografica di David Sylvian pubblica un disco del fù Derek Bailey.
La linea che divide l`atto d`amore dal puro e semplice sciacallaggio, ogni qualvolta viene pubblicato il disco di un musicista morto, è sempre molto sottile. Nel nostro caso, se fossero in lizza solo motivi pecuniari, non ci dovrebbero essere dubbi sulla bontà dell`operazione, dal momento che David Sylvian non ha sicuramente bisogno dei quattro copechi recuperabili con la pubblicazione di un CD di Derek Bailey. Ma il denaro non è sempre, nè unicamente, il responsabile delle nostre scelte ed esistono anche altre sollecitazioni, fra le quali un buono stimolo potrebbe essere rappresentato dall`ego (e in quanto ad ego il nostro Sylvian dovrebbe possederne una buona dose)....
Antefatto: nel 2003 David Sylvian, tramite il CD “Blemish”, cercò di dare alla sua immagine un`impronta più sperimentale, soprattutto attraverso l`inserimento nella scaletta di tre brani nei quali la sua voce era accompagnata dalla chitarra di Derek Bailey (va detto che in realtà Sylvian aveva cantato sopra le improvvisazioni di Bailey alla stessa maniera in cui avrebbe cantato se fosse stato accompagnato da Robert Fripp, Eric Clapton, Keith Levene o Toto Cotugno.
Le otto piste di “To Play” provengono dalle stesse sessioni in cui furono registrati gli scampoli terminati in “Blemish” e, dato che nel frattempo Bailey è passato a miglior vita, il loro recupero può rappresentare un buon viatico per molti: gli aficionados del chitarrista hanno un nuovo oggetto da aggiungere alle loro collezioni; Sylvain si sentirà sicuramente gratificato dall`aver pubblicato nella sua casa discografica questa importante documentazione e, non meno importante, può consolidare in questo modo il suo radicamento nell`ambito della sperimentazione sonora radicale; chi scrive di musica ha fra le mani qualcosa di romantico (tipo `la bella e la bestia`) con cui riempire qualche colonna negli spazi dedicati alle recensioni.
E gli otto scampoli, pur non aggiungendo una virgola a quanto fatto in precedenza da Bailey, sono indubbiamente molto fascinosi nel loro aspetto così informale (ma quando mai il chitarrista è stato formale?) e, visto il periodo in cui sono stati registrati, possono ben essere considerati come il testamento sonoro di uno dei più grandi musicisti del Novecento.
Purtroppo nulla fa pensare che queste registrazioni, con il chitarrista ancora in vita, sarebbero state ugualmente pubblicate. E questo ne sminuisce considerevolmente il valore.
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