Quando m`ero ormai convinto che gli Osso Exotico erano scappati su Orione, a tener compagnia agli Egizi ed a Captain Beefheart, eccoteli spuntare da dietro l`angolo.
E se un titolo come “Folk Cycles” può far pensare che nel frattempo si sono convertiti al nu-folk, non v`allarmate, chè il gruppo portoghese si conserva refrattario ad incanalarsi in correnti e piccoli trend, e tale proseguire imperturbabili su una pista da loro stessi tracciata è veramente un motivo di `grandeur`. Se mai, quel `folk` può essere riferito ad un`attitudine genuinamente artigianale esaltata nell`occasione dalla collaborazione con i francesi Verres Enharmoniques, inventori dei propri strumenti oltre che musicisti. I calici enarmonici, in particolare, utilizzano il principio dei calici di cristallo sfregati con un dito sul bordo alla stessa maniera dell`armonica in vetro (o `a bicchieri`); tali calici sono però collegati tramite piccoli tubi a delle pompette, azionabili con i piedi, tramite le quali è possibile variare la tonalità del suono semplicemente variando il livello del liquido collocato al loro interno. A differenza dell`armonica in vetro che si compone di coppe già accordate, quindi, i calici enarmonici permettono infinite possibilità di modulazioni microtonali. Gli Osso Exotico, dal canto loro, mettono in campo flauto polifonico, harmonium, piano, chitarra resofonica, violino, chitarra elettrica, tamburo basso e shrutibox (strumento indiano simile all`harmonium) ma, quant`è vero il detto che è l`uso a fare l`organo, ne reinventano spesso il suono tramite l`uso di archetti, e-bow e risonanze, cosicchè il flebile borbottio ritmico di fondo in #2 e #6 trova origine anche nell`harmonium tamburellato a mo` di pelle d`asino. Ne nascono suoni raffinati e continui, fatti di inestricabili e sottili intrecci armonici, lontani dal gusto comune, ispirati dal minimalismo e comunque in possesso di una propria autonomia.
Il disco di David Maranha, che giunge ben cinque anni dopo il poco riuscito “Noe`s Lullaby”, è più grossolanamente rock, fin dalla strumentazione, e si propone comunque quale lezione di minimalismo (secondo Maranha). Accanto all`organo hammond, violino e dobro del titolare sono schierati il violoncello di Helena Espvall (degli Espers), la batteria di Tó Forte (già con i primissimi Osso Exotico), le percussioni di Tiago Miranda (già con i Pop dell`Arte e al momento trascinatore dei Loosers, uno dei più interessanti gruppi portoghesi di avant-rock) ed il basso di João Milagre, ed è strano come una formazione priva di chitarra finisca con il produrre un suono intensamente chitarristico, tanto da far pensare alle sinfonie di Glenn Branca. I riferimenti vanno dal Theater Of Eternal Music di La Monte Young alla musica `metallica` di Lou Reed, e prestando fede a quanto è scritto nel sito della SIRR.ecords affondano le radici fin nella “Monotone Symphony” composta alla fine degli anni Quaranta dal francese Yves Klein e consistente in un`unica nota. Cinquanta minuti e cinque brani, per una media di dieci minuti l`uno, se non che venti minuti se li pappa l`interminabile marcia finale, una sinfonia astrale che finisce con il rappresentare un po` il clou ed il succo dell`intero disco.
Due CD assolutamente da avere, anche se trovo che alcune soluzioni di “Marches Of The New World” (come la coda di Redemption Torture e l`introduzione a Virgins Visions) potevano essere rese con più sintesi. Ma si tratta di un`opinione assolutamente personale, e non sono certo in grado di dare consigli sulla strutturazione di un brano a quelli che sono letteralmente, e qui scopro veramente l`acqua calda, dei grandissimi musicisti.
Vi sento già mormorare Non fare il furbo, hai scritto nell`occhiello di `tre` dischi?, e quindi devo ricordarvi di non dimenticare l`altrettanto riuscito “Organ Eye” (David Maranha, Patricia Machas & Minit) già magnificato su queste stesse pagine dall`Uggeri.
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