L`ensemble di Daniel Padden conserva il nome individualistico pur avendo assunto una fisionomia collettiva che, volutamente o no, appare come una variante sul modello storico della Third Ear Band. Ma il risultato musicale si discosta abbastanza da quello dei terzorecchisti, per fortuna, e "Wayward The Fourth" emette una fiamma ben più cosistente di quella sprigionata da quei fuochi fatui etichettabili semplicemente come 'remake'.
Innanzi tutto in "Wayward The Fourth" ci sono delle parti cantate che, seppure non sempre all'altezza della situazione (non capisco proprio quei momenti in cui i tizi suonano come fossero degli esseri normali e cantano come fossero dei mezzi deficienti), evitano al risultato una fisionomia troppo progressive e/o troppo classicheggiante. In secondo luogo l'ensemble, complice anche l'utilizzo di un bouzouki, offre una miscela nella quale le componenti classicheggianti si diluiscono non tanto nelle tradizioni celtiche e/o mistico-orientali quanto in una melodrammaticità di tipo latino-mediterraneo. In terzo luogo mi sembra che il One Ensemble, a differenza della Third Ear Band, non pretenda il sacrificio delle singole personalità nell'altare di una musica essenzialmente corale.
Il disco è piuttosto godibile, anche perchè non presenta nessuna soluzione particolarmente nuova, od estrema, nè troppo bizzarra; mentre, quanto ad orecchi, mi sembra che i quattro si fermino sulla soglia del primo. Se fossimo stati nel 1970 avremmo gridato certamente al `capolavoro`. Oggi sussurriamo semplicemente al `buon disco`.
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