Radical Matters, c'è da dire, e chiaramente, ha davvero gusto e stile: mantiene una linea di rigorosità artistica impeccabile, e riesce a confezionare degli scrigni sonori che hanno fatto dell'eleganza una cifra importante; peccato che questo disco, insieme al Re-worked di Kinetix siano stati stampati in 50 copie, e quindi siete avvertiti da ora: acquistateli o tra poco non ne troverete più. (Detto questo; una volta tanto che c'è una confezione seria dietro il giocattolino sferico) di Pietro Riparbelli, e della sua grossa discografia, questo è il primo lavoro che vado ad ascoltare (ma non sarà l'ultimo dal momento che mi piace e non poco). Di questa musica disordinata fino alla tracotanza ma incasellata con un'armonia quasi matematica, c'è da dire che ha, nei suoi stratagemmi calamitanti e nella sua dissimulazione macchinica, una forza produttiva tra terrestrità e poetizzazione. L'elemento materico è imperniato sulla cronaca radiofonica, le sue imprevedibili quanto automatiche connessioni galattiche e la sua profusione integrale; della sua poiesis, basta dire che 'nulla ha esistenza in sé' e che la massa che trasborda da questa vita sonora appartiene ad un vettore folle e schizo-matico che mantiene una certa smorfia macchinica con le ultime due o tre cose di kid606 e certe irradiazioni del Pimmon meno delicato. Come tutte le produzioni fuori-tempo-massimo, quest'opera, dal momento che è intelligente e cazzuta, si può sfrenare perchè mantiene il cosiddetto 'recupero', ossia ha una risacca sintattica che mentre attinge da ogni provenienza argina l'informazione e la reinveste di una sua espressività non banale e mantiene nel suo processo globale di messa-in-atto, una certa investitura conforme e parallela al suo fascino tecnoide, arzigogolato e pluralista. Talvolta, la musica moderna di stampo elettronico si proietta volontariamente dentro una schiavitù fin troppo chiara e prevedibile: siamo nel 2007 e questi suoni l'abbiamo digeriti e per questo certa musica è come un sequel e quando è così parte con un piede nella fossa; voglio tuttavia pensare alla musica di Riparbelli come un prequel o un dietro le quinte; mi piace insomma credere che dietro questi movimenti tutto sommato scaltri e frequenziali, dietro queste accellerazioni da istituto di ricerca per neoumanoidi, si stiano valutando tutti gli errori che Alva Noto, Roji Ikeda e molti altri, attorno una vita nuova, quale era la loro sostanza sonora, per via di un consolidato meccanismo, avevano estromesso dalla loro storicità : questa cosa io la chiamo 'complessità ' e credo che il punto di forza di questo disco che evidentemente è già sold-out mentre ne scrivo, stia tutta nella sua forza molteplice e frammentata dietro cui si tessono talmente di quegli accadimenti che ritornarci sopra è inevitabile. Un ottimo lavoro davvero.
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