Credo sia importante ridere mentre il mondo scompare! Questo terzo lavoro di Von Hausswolff trae linfa da un immaginario quasi levi-straussiano e per questo, per la sua distopica geociviltà e la sua ricostruzione arche(o)tipica si relaziona a troppa fine del mondo per passare inosservato. L'eterotopia organica dei modelli topo-phonici pre-esistenti di questo cd, accomunati ad un filo rosso che li lega a Niblock e l'altro a La Monte Young si focalizza come in preda ad una possessione di psicorisorse planetarie alla medesima ritualità orgiastica che l'azionismo viennese tra Rainer, Nitcsch e Brus, introducevano nella pittura e nelle action(s), come se si trattasse di uno sciamanismo sine-waves controllato da generatori ed organi a matrice larga. L'avvenire è sempre dietro le nostre spalle e si disegna sempre grazie ad una morfologia spezzata, scaturigine trascritta di una corrente intraducibile e singolare: Eliane Radigue insieme è la marginalità e la raffinatezza di questo grande esempio mortale che si basa sulla motonimia rispetto al pentagrammato ed alla forza della serialità come una spinta nell'oltremondo. Anche Von Hausswolff, dietro questo grande esempio antistrutturale (ma per questo profondamente totalitario ed ingombrante) traccia cicloni corpulenti e primitivi, utilizzando come unica preoccupazione compositiva, gli scarti dislocanti e quantici delle armoniche che slittano come meccanismi intertestuali quasi da cori ribaltati. C'è da dire che, compreso il gioco, ovvero l'estensione interminabile di una micromodulazione dietro effetto modulato fino alla sua distensione definitiva, l'intera macchina modulare perde il suo compito e diventa un sistema in cui manca certamente qualcosa. A mio avviso, però, questo disco, proprio perchè si riforma dietro la sua carenza spettrale, proprio perchè di questo marchingegno analogico ne fa una postulazione etno-mondiale; insomma proprio perchè ci dice che dietro a questi ingranaggi semplici c'è una forza seduttiva quasi ancestrale, mantiene la sua bellezza cosmica e la sua matrice problematica ed ambigua. Non consiglio questo disco a tutti; sarebbe meglio partire da "Second" di Kevin Drumm; tuttavia per chi ha adorato quei suoni e ne vuole trovare un filo tragico e terminale imparentato con l'oscillazione, l'assenza e la fine, troverà in questo cd pane per i suoi denti.
|